"Corsi via e non dissi niente, perché se non ne parlo con nessuno forse non è vero, pensavo. [....]
'Tu stai in pace perché i giusti non saranno abbandonati'. - Ma lei non poteva [....] Tu sei cieco quando vuoi essere cieco, - disse furiosa - e sordo quando vuoi essere sordo."
Il grande mare dei Sargassi - Jean Rhys
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Riandare a spulciare tra queste belle citazione mi ha fatto (ri)venire una gran voglia di leggere!
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Ps come carattere leggendo il libro ho scoperto di assomigliare alla Medea per via delle forti passioni e istintivita (ma non per le gesta eh)
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Il Daimon nella cultura e nella filosofia Greca coincide con l'anima e l'interiorita. È il nostro spirito guida che ha il compito di condurci al nostro destino più profondo e alla felicità ?
Un po come la propria leggenda personale nell'Alchimista (altro libro che adoro) ❤️
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ma il Daimon è la bestiolina della Bussola d'oro o con cosa mi sto confodendo?
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Tornata dalla Grecia mia mamma mi ha fatto trovare in casa un libro che fonde psicologia e miti, si chiama Daimon di Selene Calloni Williams e già dall'inizio ci sono dei passaggi che mi rispecchiano molto
"Per connettersi con la voce del Daimon dobbiamo silenziare il brusio del mondo, liberandoci dell'ossessiva voce della mente che pensa, analizza, calcola, riflette, giudicando e separando."
"Il Daimon non comunica attraverso le parole né per mezzo della mente : i suoi veicoli sono l'emozione, il cuore, la passione e l'immaginazione."
❤️❤️❤️
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Da "Salvare le ossa" di Jesmyn Ward
"Non deve per forza sapere che anche da piccoli si muore.
Chissà se Junior si ricorda di qualcosa, o se la sua testa è un colabrodo, e i ricordi, chi gli ha dato il biberon chi gli ha leccato le lacrime, chi gli ha fatto da mamma, filtrano attraverso maglie di metallo e scendono giù per lo scarico, lasciandogli loro il presente della giornata: (...)
E resisto a malapena alla tentazione di strapparle dallo specchio, quelle foto, portarmele in camera e metterle in fila sul letto per cercare di decodificarle, ricomporle come tessere di un enorme puzzle.
Dopo la morte di mamma, papà aveva detto: Cosa piangete a fare? smettetela di piangere. Piangere non cambia niente Ma noi non avevamo mai smesso di piangere. solo, lo facevamo in silenzio. Ci andavamo a nascondere. Avevo imparato a piangere senza quasi versare lacrime, ingoiando l'acqua calda e salata e sentendola scorrere giù per la gola.
(...) E all'improvviso c'è una spaccatura enorme tra prima e adesso, e mi chiedo dov'è andato a finire il mondo in cui è successo tutto questo, perché noi non viviamo più in quel mondo."
??
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E ancora (stesso autore e stesso libro)
"C'è così poco da ricordare di ciascuno, un aneddoto, una conversazione a tavola. Ma a ogni ricordo si ritorna più e più volte e ogni parola, per quanto casuale, si inscrive nel cuore, nella speranza che il ricordo si attui un giorno, e diventi carne.
Non voleva ricordarmi. Preferiva di gran lunga la mia semplice, ordinaria presenza, per quanto silenziosa e goffa io potessi essere. Perché così poteva guardarmi senza forti emozioni: una forma familiare, una faccia familiare, un silenzio familiare. Poteva dimenticare che ero nella stanza. Poteva parlare tra sé, o a qualcuno nei suoi pensieri, con piacere e animazione, anche mentre sedevo accanto a lei - a tanto si spingeva la nostra intimità, fino al punto che lei non si dava per me alcun pensiero"
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"I ricordi sono per loro natura frammentari, isolati, e arbitrari come le visioni fugaci che si hanno di notte da una finestra illuminata. (...)
Così le scarpe vengono indossate e gli sgabelli usati per sedersi e alla fine tutto viene lasciato dov'era e lo spirito lo procede. (...).
Proprio come il vento nel frutteto solleva foglie da terra come se non ci fosse altro di bello all'infuori dee foglie marroni, come se volesse adornarsi, vestirsi, incarnarsi, in ghirigori di polverose foglie marroni di melo, per poi lasciarle cadere tutte in un mucchio sul fianco della casa. (...)
E poi, chissà perché, tutta la nostra famiglia amava mantenere le distanze.
Questa era la definizione più imparziale delle nostre migliori qualità, e la descrizione più gentile dei nostri peggiori difetti. Che fossimo autosufficienti, ce lo ricordava sempre la casa.
(...) Mentre mangiavamo guardavamo la e ascoltavamo i grilli, che a quell'ora erano sempre innaturalmente rumorosi, forse perché erano entro i confini che la luce proiettava intorno a noi, o forse perché un senso fa da scudo agli altri e noi avevamo perso la vista.
(...) Io andavo nei boschi per amore dei boschi mentre, sempre più, Lucille sembrava patirvi un esilio.
Credo che il buio le piacesse tanto per la sua capacità di ammorbidire, lisciare. Sembrava detestasse lo squilibrio tra una stanza piena di luce e un mondo pieno di buio.
Desiderare ardentemente e avere sono due cose simili tra loro quanto un oggetto e a sua ombra. Perché quando mai un frutto si rompe sulla lingua con più dolcezza di quando si muore dalla voglia di assaggiarlo? E quando i nostri sensi conoscono qualcosa più a fondo di quando quella cosa ci manca?
Chiunque abbia un solido legame umano si compiace di sé in questo modo, ed è proprio questo compiacimento che le persone solitarie adognano e ammirano.
La solitudine è una scoperta assoluta.
Ho notato che è quasi intollerabile essere guardati, osservati, quando si è in ozio, Quando si è in ozio e si è anche soli, l'imbarazzo della solitudine si complica all'infinito.
Considerava l'accumulazione l'essenza stessa della cura della casa, e emanava che che la tesaurizzazione di cose senza valore fosse una prova di scrupolosa frugalità.
"Le cure domestiche" Marilynne RobinsonUltima modifica di Chetenefrega; 24-03-2023, 20:25.
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"Le storie narrate da Nestore sono storie di "nostos". "Nostos" è la parola greca per "ritorno a casa", e la forma plurale "nostoi" era il titolo di un poema perduto dedicato al ritorno a casa di re e condottieri greci che avevano combattuto nella guerra di Troia.
Col tempo, la malinconica parola, così profondamente radicata nei temi dell'Odissea, si sarebbe combinata con un altro termine appartenente al vasto vocabolario greco concernente il dolore, "algos" per fornirci un modo semplice ed elegante di parlare della sensazione dolceamara legata a un certo tipo di desiderio struggente. Letteralmente, questa parola indica "il dolore legato al desiderio di casa", ma come sappiamo, "casa", soprattutto quando invecchiamo, può indicare non solo un luogo ma anche un tempo. La parola è "nostalgia".
'Un'odissea" - Daniel Mendelsohn
2h di lacrime versate su queste splendide righe. ?1111?Ultima modifica di Chetenefrega; 24-03-2023, 20:26.
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"Sapeva dire le cose più nobili negli idiomi più volgari"
"I miserabili" di Victor Hugo
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Oggi ho iniziato a leggere una saga molto particolare... questa è l'introduzione:
Spesso le persone si cagano addosso quando muoiono.
I muscoli si rilassano, l’anima svolazza via e tutto il resto… viene evacuato. Malgrado l’amore che il loro pubblico nutre per la morte, i commediografi di rado ne fanno cenno. Quando l’eroe spira tra le braccia dell’eroina, non richiamano l’attenzione sulla macchia che gocciola lungo le cosce o sul fatto che la puzza le fa venire le lacrime agli occhi mentre si china per dargli il bacio d’addio.
Lo dico come avvertimento, o miei gentili amici, ché il vostro narratore non condivide tale freno. E se le sgradevoli realtà di uno spargimento di sangue liquefano le vostre interiora, sappiate che le pagine che avete tra le mani parlano di una ragazza che stava all’omicidio come i maestri alla musica. Che riservava al lieto fine lo stesso trattamento di un seghetto all’epidermide.
(Nevernight - Mai dimenticare - Jay Kristoff)
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"Sentendomi già peculiare per via del mio nome, della mia famiglia, del mio aspetto fisico, volevo assomigliare agli altri in tutto il resto. Sognavo uguaglianza, perfino invisibilità. Invece, costretta a scegliermi uno stile, mi sentivo malvestita, un'eccezione anziché la regola...".
Quegli abiti avevano una qualità discrepante, sgargiante. Non pesavano quasi niente, eppure pesavano su di me.
Attraverso questa lotta aspra tra me e mia madre, di lunga durata e senza un esito chiaro, ho provato sulla mia pelle quanto i nostri vestiti, così come la lingua come il cibo, esprimano la nostra identità, cultura, appartenenza.
Fin da piccola ho imparato che ciò che indossavo mi rendeva, ovunque fossi, 'altra'. Persino a Calcutta, quando uscivo coi miei cugini, a cui fisicamente assomiglio, ero percepita come straniera, apostrofata spesso in inglese.
Ora, mi vesto come voglio. Ma resta l'ombra di quell'ansia del passato, quella paura di essere malvestita, sbagliata, giudicata. Ogni tanto, mi chiedo ancora se non sarebbe più semplice adottare una sorta di divisa.
Il vestito dei libri - Jhumpa LahiriUltima modifica di Chetenefrega; 20-03-2021, 21:39.
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All'epoca in cui aveva iniziato a leggere da sola, la sua storia preferita era Pinocchio, il burattino che con le sue gambette di legno compiva tante avventure. Le piaceva soprattutto la prima parte, quando quelle gambette non erano ancora vive.
Ciò che univa Agústína e Pinocchio era che il burattino aveva problemi simili ai suoi.
Pinocchio non poteva resistere alle parole, sembrava che per lui racchiudessero un potere magico. Era la sua debolezza. Lei, al contrario, offriva una resistenza ferrea a moltissime parole, anche se a volte, per definire le immagini presenti nella sua mente, le parole le mancavano.
"Il rosso vivo del rabarbaro" di Audur Ava Ólafsdottir
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"L'importante è che non avvizzisca il cervello! Molti grandi uomini erano ancora attivi a novant'anni! E sapete perché sono rimasti giovani? Perché avevano ancora dei sogni da realizzare!
Voi giovani zucche vuote, dovreste vergognarvi! La qualità della vita dipende da ciò che farete! Gli unici limiti alle avventure sono i limiti della vostra immaginazione!"
Paperon De' Paperoni (non ricordo in quale storia la dica, ma la frase mi piace moltissimo)
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